Il kendo è un'arte marziale giapponese, evolutasi come
versione sportiva delle tecniche di combattimento con la katana anticamente utilizzate dai samurai nel kenjutsu. Kendō significa
letteralmente "La via (dō) della spada (ken)".
Storia
Kendo, "Il cammino della
spada", esprime l'essenza delle arti di combattimento giapponesi. Dal suo
primo governo, durante il periodo Kamakura, l'utilizzo della spada, insieme
all'equitazione e il tiro con l'arco, sono stati tra i maggiori interessi nella
preparazione militare dei diversi clan che si contendevano il territorio. Il
kendo si sviluppò sotto una forte influenza del buddismo zen, per cui il
samurai sentiva l'indifferenza della propria vita nel bel mezzo della
battaglia, la quale era considerata necessaria per la vittoria nei
combattimenti individuali. A partire da quei tempi molti guerrieri sono stati
rappresentati nella pratica del kendo, gli stessi che costituirono le prime
scuole tra cui Itto-Ryu e il muto. Oggi al posto delle katane
si usano delle spade di legno i bokken per i 'kata' mentre per gli esercizi
comuni si usa lo shinai e si indossa una robusta armatura. Concetti come il Mushin o "mente vuota" sono diffusi
dal buddismo zen e sono l'essenza del kendo. Fudoshin o "mente impassibile" sono
concetti attribuiti al dio Fudo
Myo-Ō , uno dei cinque
"re della luce" nel buddismo shingon.
Sport
Vi sono
campionati italiani, europei, e mondiali, ma il kendo non è sport olimpico,
poiché la federazione giapponese non ha ancora preso decisioni in tal senso:
tuttavia alcune federazioni spingono perché il kendo diventi sport olimpico. Il
kendō, insieme allo iaidō e al jōdō afferisce alla Zen Nippon Kendō Renmei,
associazione giapponese che ne promuove lo sviluppo a livello mondiale.
Regole
Si pratica indossando un'armatura
costituita da men , dō, tare, kote, tenogui. La classica sciabola è
stata sostituita dal bokutō ,
usato solo per una serie di dieci esercizi, i kata,
che racchiudono l'essenza del kendō, e dallo shinai,
una spada costituita da quattro listelli di bambù uniti dal manico di pelle,
che è usata per il combattimento vero e proprio. Complessi sono gli influssi
religiosi e le tradizioni giapponesi nella pratica e nella gestualità: il kendō
non è visto come una tecnica di combattimento, ma come un percorso di crescita
personale; in questo senso, si dice che il kendōka deve essere grato al compagno che lo
colpisce perché gli mostra i suoi punti deboli, e deve colpire con spirito di
generosità. La pratica si svolge all'interno di un dōjō, un'ampia stanza con
pavimento ricoperto di parquet; solitamente si inizia e finisce sempre con il
triplice saluto e vi è un breve riscaldamento che coinvolge tutte le catene
muscolari. Si passa poi ai suburi,
cinque esercizi di riscaldamento con lo shinai: nell'ordine, praticato
normalmente joge-suburi, naname-suburi-ritenuto parte
integrante di joge-suburi-, zenshin-men, zenshin-kotai-men, zenshin-kotai-sayu-men e choyaku-men.
Poi si passa allo studio delle tecniche vere e proprie per poi, alla fine,
passare alla pratica del ji-geiko: ji-geiko non va praticato come shiai, ma cercando di esprimere
un kendo di qualità, senza agonismo e ricerca ossessiva del punto. In un
combattimento agonistico è lecito colpire a men, kote, dō o tsuki , e la vittoria è data al primo che
realizza due colpi convalidati dagli arbitri, in numero di tre, che assegnano i
colpi secondo la filosofia del ki-ken-tai-icchi : spirito, spada e corpo devono essere
nel colpo un tutt'uno armonico affinché questo possa essere considerato valido.
Allo scopo di valutare la presenza del ki,
dello spirito, nel colpo, è stata introdotta la regola che impone a chi
colpisce il kiai, un grido
che esprima spirito e concentrazione, al momento del colpo.


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