Il pugilato, anche chiamato boxe è uno stile di
autodifesa e uno sport da combattimento regolato da norme. Consiste nel
confronto, all'interno di uno spazio quadrato chiamato ring, tra due atleti che
si affrontano colpendosi con i pugni chiusi, allo scopo di indebolire e
atterrare l'avversario. Questo sport è conosciuto, a partire dal XI secolo, anche come la
nobile arte, richiedendo ai suoi praticanti caratteristiche come coraggio,
forza, e intelligenza.
Storia
Dall'antichità
al XVIII secolo
Il pugilato è uno degli sport più
antichi che si conoscano. Nei graffiti preistorici risalenti al III millennio
prima di Cristo e conservati presso il British
museum of London è possibile
riconoscere le figure di persone che combattono con i pugni chiusi. Le prime
sfide competitive nella storia umana sono testimoniate dagli inni e leggende
delle civiltà della mesopotamia e dell'antico egitto. In Egitto era guardia
scelta del faraone Ramses II la tribù guerriera Shardana proveniente
dall'isola di Sardegna, dove sono state ritrovate al suo
interno numerose statue di pugili del primo millennio che secondo l'archeologo
e accademico dei Lincei professore Giovanni Lilliu precedono la statuaria greca e gli
stessi racconti omerici. L'epica sumera, l'inno di Shulgi o i racconti di Gilgamesh, sono pieni di riferimenti su
incontri di pugili e di lottatori che si affrontavano con audacia in
combattimenti selvaggi e brutali. In Egitto, gli incontri di lotta erano
particolarmente apprezzati anche dai faraoni e
le tecniche, sempre in evoluzione, sono ben rappresentate in molti dipinti
murali tra cui le 400 immagini di combattimenti corpo a corpo dei muri del
tempio di Ben Hasan risalenti al 2000 a.C. Non sappiamo bene quando questo modo
di combattere divenne una disciplina sportiva vera e propria, con tanto di
atleti e apparato organizzativo. Le prime testimonianze letterarie che ci
descrivono questo sport sono contenute nel 23º canto dell'Iliade di Omero, che ci narra dei giochi funebri organizzati da Achille in onore della morte di Patroclo: Epeo, che sarà ricordato come il costruttore
del cavallo di Troia,
primeggia nelle gare di pugilato. Alcuni particolari però manifestano una
disistima di Omero per
il pugilato dei suoi tempi: il premio allo sforzo di Epeo è una giumenta
"indomita"; lo stesso Epeo dichiara di sapersi battere nel pugilato,
ma non nella guerra. I greci consideravano la lotta con i pugni una disciplina
completa ed ideale, con la quale un uomo poteva sviluppare una mente vigile e
reattiva in corpo sano e robusto. Nella tradizione mitologica greca sono Teseo ed Ercole i
due personaggi che maggiormente ricorrevano all'uso dei pugni per combattere i
propri nemici. Nel 688 a.C. i greci lo
introdussero come nuova disciplina nella XIII Olimpiade antica, secondo in ordine di tempo
alla lotta libera inserita nelle olimpiadi nel 708 a.C., la prima medaglia fu vinta da Onomasto di Smirne. La popolarità di questo
sport aveva ormai raggiunto un livello altissimo. Gli incontri olimpici di
pugilato cessarono in Grecia solo
nel 393, quando l'imperatore Teodosio I vietò l'organizzazione di nuove
olimpiadi. Gli atleti greci cominciarono a proteggersi le mani con dei guantini
chiamati himantes, che
vedranno una loro evoluzione nel corso degli anni. Inizialmente erano formati
da semplici strisce di cuoio, lunghe all'incirca 4 metri, arrotolate attorno ai
polsi e alle nocche delle dita, con cui si cercava di evitare danni eccessivi
al volto e alle dita dei contendenti. Più avanti le strisce di cuoio vennero sostituite
da vimini per fare cesti, con borchie di ferro, oppure da cuoio trattato
apposta per essere tagliente. La posizione di guardia del pugilato antico era
eretta, col busto esageratamente in avanti ma con la testa all'indietro, il
braccio sinistro avanti in alto a proteggere la testa ed il braccio destro in
basso a proteggere il fegato, questa posizione era obbligatoria. I criteri per
l'assegnazione di una vittoria erano differenti da quelli utilizzati oggi,
basti solo pensare che non esistevano categorie di peso, quindi i combattimenti
erano riservati a taglie alquanto elevate e soprattutto i risultati si
rivelavano spesso tragici visti i molti casi di decessi e lesioni gravi. Gli
incontri non avevano un termine, proseguivano fino a che uno dei due sfidanti
non si arrendeva. Molto spesso capitava che un pugile infierisse senza pietà
nei confronti dell'altro nonostante questo fosse caduto a terra. L'atleta greco
non gareggiava per un team, ma era solo con se stesso per raggiungere il
massimo, la superiorità o come si diceva in antichità arete, cioè eccellere. Questo
concetto è ben lontano da quello moderno "l'importante è partecipare"
perché per il greco solo il vincitore meritava adulazione ed il premio, gli
sconfitti provavano vergogna e venivano umiliati, non esisteva la concezione
del secondo e terzo posto. Popolare anche presso gli Etruschi e
successivamente ripreso dai Romani come
spettacolo circense cruento
e sanguinoso. Per capire cosa fosse il pugilato presso i romani è sufficiente
osservare la statua di bronzo del "pugile" ritrovata a Roma in via IV
novembre nel 1885 durante
i lavori di ampliamento di una strada cittadina. Le mani sono protette da
guanti pesanti dei romani chiamati caestus.
I guantoni diventarono così l'arma offensiva più micidiale. Rinforzati con
inserti di piombo e di chiodi per assicurare al duello un finale rapido,
devastante e sanguinoso. Il pubblico romano non sopportava le lunghe
schermaglie, si spazientiva e si irritava. A nessuno interessavano le finezze
tecniche e il valore della competizione. Tutti attendevano solo il colpo
pericoloso, volevano presto arrivare al brutale annientamento di uno dei
combattenti. Con il passare degli anni vennero fissate delle regole per evitare
che i contendenti si ferissero seriamente o che addirittura riportassero
lesioni mortali. Nel Medioevo si
assiste ad una fase di declino per questo sport. Solo in alcune città d'Italia
come Lucca, Genova e Venezia venivano
organizzati incontri degni di nota. A Venezia esiste il ponte dei pugni, dove anticamente,
fazioni diverse si scontravano. Per evitare i picchiatori più rudi ci si poteva
buttare in mare, anche se questo significava essere derisi per codardia.
L'egemonia
inglese
Nel XVIII secolo nel pugilato
cominciarono a svilupparsi le prime tecniche di combattimento che fecero
diventare questa attività sportiva uno sport vero e proprio e non solo un
combattimento cruento. Nei primi anni del 1700 il pugile inglese James Figg concepì
il pugilato come uno sport dove era più importante difendersi che attaccare. Lo
stesso Figg fu il primo a definire il pugilatonoble art. Nel 1719 vinse il campionato d'Inghilterra e
si autoproclamò campione del mondo di pugilato dopo 15 incontri vinti consecutivi.
La boxe del XVIII secolo era
molto diversa da quella di oggi. Spesso capitava che i colpi venissero portati
a "martello", dall'alto verso il basso, il perimetro entro il quale
combattevano i pugili era delimitato dagli stessi spettatori dell'incontro
oppure si tracciava una semplice riga circolare per terra. I pugili si
battevano senza mai fermarsi; quando uno di questi cadeva l'avversario lo
cominciava a colpire appena si rialzava da terra. Il combattimento si svolgeva
a pugni nudi e si proseguiva ad oltranza senza riprese. Quando James Figg
decise di ritirarsi aveva accumulato una discreta fortuna in denaro, con questi
soldi fondò a Londra la prima Accademia della boxe ed in seguito cominciò ad
organizzare gli incontri in un Anfiteatro ad Oxford Street. Grazie all'opera di Figg la
boxe comincia a trovare il suo naturale sviluppo. La sua accademia
rappresenterà un importante serbatoio di idee e d'innovazioni che porteranno
questo sport ad imboccare la strada che lo porterà verso la sua fase moderna.
James Figg può essere ricordato come il padre della boxe, fu egli che con la
propria opera diffuse le esibizioni di pugilato e la sua iniziativa rese
possibile l'apertura di molti altri anfiteatri in Inghilterra. Il pugilato ebbe
un grande successo sia per il numero di praticanti che per il numero di
sostenitori, tanto che l'Inghilterra fu il primo paese al mondo in cui
nacque la figura del pugile professionista. Raggiungere la vittoria nel titolo
di campione di Inghilterra significava raccogliere un enorme prestigio e
vincere concrete somme di denaro. Il titolo di campione di boxe inglese dal
1700 fino alla prima metà del XIX secolo fece
la storia della boxe, e praticamente equivaleva al titolo di campione del
mondo. Il suo successore fu George
Taylor, uno dei migliori pugili che si allenavano nell'anfiteatro
londinese, già da tempo Figg lo aveva definito il suo pupillo. Non abbiamo
molte prove concrete che ci forniscano un elenco delle vittorie di Taylor,
comunque seguendo una logica moderna Taylor può essere definito come il nuovo
campione del mondo della boxe. Dopo Taylor il titolo di campione d'Inghilterra
fu vinto da Jack Broughton, rimasto famoso nella storia
per aver formulato nel 1734 il primo codice di disciplina per i
combattimenti di pugilato e per aver inventato i guantoni da combattimento.
Broughton era più intelligente che forte. Capì che la boxe non era solo un
combattimento violento e cieco ma un precisa armonia tra difesa e attacco.
Introdusse la tecnica del colpire
e ritirarsi e delfermarsi
e bloccare il colpo avversario. Broughton rimase famoso sia per la sue
vittorie sia per la sua grande onestà, durante e dopo gli incontri.
Il pugilato si evolve
Il pugile inglese Jack Broughton, allievo di Figg, definì nel
libro London Prize Ring
Rules le prime regole
per la boxe pubblicato nel 1743,
da allora gli incontri furono organizzati secondo queste regole. Nel 1750 il titolo di campione passò a Jack Slack,
il periodo in cui nello sport del pugilato si stavano infiltrando esempi di
disonestà ed affari loschi. Slack introdusse il colpo denominato "chopper" che possiamo definire come
l'equivalente del moderno colpo
del coniglio. Non era un pugile abile, viene ricordato più come un
pugile senza paura che per la sua tecnica. Il Duca di Cumberland divenne il suo protettore. Il 17 giugno 1760 si disputò l'incontro valido per il titolo
inglese tra il detentore Slack e lo sfidante Bill
Stevens, protetto dal Duca di York.
Con molta sorpresa la sfida fu vinta da Stevens. Slack si ritirò dal pugilato
attivo e divenne l'allenatore di George
Meggs, un pugile che aspirava al titolo di campione. Nell'incontro
tra Stevens e Meggs la vittoria andò a quest'ultimo. Pare che molto
probabilmente ci fosse stato un accordo sull'esito dell'incontro, Stevens
permise all'avversario di vincere per intascare un cospicuo premio in denaro.
Slack fu uno degli artefici dell'accordo e per questo ricevette una parte di
denaro da Meggs.Dal 1761 al 1783 il titolo di campione passò da un
pugile ad un altro in breve tempo. Meggs fu sconfitto da Baker Milsom,
che poco dopo cedette il titolo a Tom Juchau.
Il nuovo successore fu Bill Darts,
che riuscì a mantenere il titolo per quasi cinque anni fino a che venne
sconfitto da Lyons. Lyons lavorava come conduttore di battelli attraverso il Tamigi. La fama che lo ricoprì dopo la vittoria del titolo
provocò in lui un grosso disagio, tanto che dopo due sole settimane dalla
vittoria si ritirò dal pugilato. Con il ritiro di Lyons Bill Darts riacquisì il
titolo, non per molto comunque perché fu messo al tappeto da un pugile
irlandese:Peter Corcoran.
Il 18 maggio 1771 all'Hyde Park si
sfidarono per il titolo Corcoran e il detentore Bill Darts.
Corcoran vinse facilmente in un solo minuto di combattimento. Concoran
sconfisse tutti i più forti pugili inglesi del periodo che tentavano di
rimpossessarsi del titolo. Alcuni di questi incontri presentavano dei lati
oscuri. Nel 1774 vinse contro Sam Peters a Birmingham, ma molti spettatori gridarono allo
scandalo perché si diffuse la notizia di un probabile accordo tra i due pugili.
La supremazia di Concoran si spense il 10 ottobre 1776,
quando venne sconfitto da Hurry
Sellers, un pugile che proveniva dalla scuola di Jack Slack. I
giornalisti dell'epoca affermarono che l'incontro era stato venduto da
Concoran. Hurry Sellers mantenne il titolo per quattro anni, fu sconfitto da Duggan
Fearns, un altro potente pugile irlandese. L'incontro tra i due durò
poco più di un minuto, Sellers cadde a terra al primo pugno di Fearns e si
rifiutò di andare avanti. Dal 1783 al 1791 il titolo rimase ininterrottamente
nelle mani dell'inglese Thomas Jackling, uno dei pochi pugili
dell'epoca riconosciuto come un combattente onesto e non incline ad accordi di
sottobanco. Perse in titolo contro Benjamin Brain, nell'incontro disputato nel
1791. Jackling si ritirò al secondo round quando un potente pugno di Brain gli
fratturò il naso. Lo stesso Brain rimase ferito, si ruppe il metacarpo e una
falange della mano destra. La figura di Benjamin Brain rappresenta un punto di
svolta nella storia della boxe inglese e mondiale. Da questo momento in avanti
i campioni che si faranno strada nel pugilato si affronteranno con metodi completamente
differenti dal passato. Si comincia a parlare di combattimento secondo schemi e
metodi scientifici. Non si pone più affidamento sulla forza e la violenza dei
colpi, ma l'attenzione si focalizza sull'utilizzo di una strategia per
sconfiggere l'avversario. Ecco quindi che fanno la loro comparsa nuove tecniche
di combattimento. Difendersi dai pugni dell'avversario e attaccare diventano
una cosa sola, il pugile si difende coprendosi e spostandosi con rapidi giochi
di gambe, allo stesso tempo però la difesa è il punto di partenza per un
successivo attacco. Alla fine del XVIII secolo compare
la figura dello "scienziato" della boxe Daniel Mendoza, detentore del titolo di
campione dal 1792 al 1795.
Daniel Mendoza perse il titolo contro il "gentleman" John Jackson.
La
nascita della boxe moderna
Già da alcuni anni attorno alla
boxe ruotavano notevoli interessi economici, fatti di rilevanti scommesse e
ingenti premi in denaro. Per questo motivo si sentì l'esigenza di regole più
rigorose. Nel 1865 John Sholto Douglas scrisse,
insieme all'atleta John
Graham Chambers le regole
del marchese di Queensberry, ovvero il codice
della boxe scientifica che
contiene i fondamenti principali comuni anche alla boxe moderna:
§ Guantoni:
obbligatorio l'uso dei guantoni.
§ Round:
l'incontro è diviso in più riprese di tre minuti l'una con un intervallo di
uno; non vi erano limiti prestabiliti nel numero di riprese, concordato prima
fra i pugili, o a discrezione dell'arbitro.
§ Knock out:
il pugile perdeva se non si riprendeva dai colpi ricevuti entro 10 secondi,
mentre il pugile avversario doveva aspettare il comando dell'arbitro per
riprendere a colpire.
§ Categorie
di peso: i pugili sono divisi in categorie di peso. Non possono avvenire
incontri tra atleti di categorie differenti. Le categorie erano inizialmente
soltanto tre: leggeri, medi e massimi.
Le nuove regole rendevano il
pugilato molto meno violento e lo trasformavano in uno sport di abilità,
destrezza e velocità. Per il momento non era ancora stato fissato un numero
massimo di riprese, si procedeva quindi ad oltranza fino al ko o allo
spossamento di uno dei due pugili. Le regole di Douglas vennero assorbite con
molta lentezza. Ancora alla fine del XIX secolo in
molti incontri i pugili si affrontavano secondo le vecchie regole del London Prize Ring
Rules, nonostante numerose nazioni vietassero l'organizzazione di
incontri in cui non era previsto l'uso dei guantoni protettivi. Dal momento in
cui venne scritto il codice della boxe scientifica si fa coincidere la storia
della boxe con la categoria dei pesi massimi.
Pugilato
Americano
Attorno agli incontri di
pugilato, in maniera particolare nella categoria dei pesi massimi, ruotavano
interessi economici enormi. Ai pugili venivano dati ingenti premi in denaro e
il pubblico amava scommettere ingenti somme su tutto quello che riguardava la
sfida: vincitore, quante riprese fosse durata, ecc. Migliaia di persone
assistevano alle gare organizzate presso arene costruite appositamente per
questo sport. Allora i ring erano ottagonali definiti da corde e pali, i pugili
combattevano a torso nudo, con i calzoni lunghi o a tre quarti di gamba, gli
incontri non avevano limiti di numero massimo di riprese. Nonostante le regole
di Douglas di alcuni anni prima gli incontri venivano ancora disputati a mani
nude, ciò portava spesso a tragiche conseguenze. Per questo motivo in molti
stati dell'unione e dell'Europa alla fine del 1800 il pugilato a mani nude era proibito.
La boxe trovò rapida diffusione negli Stati Uniti d'America a tal punto che nel 7 febbraio 1882 l'americano John Lawrence
Sullivan vinse il
campionato del mondo categoria pesi massimi battendo il detentore Paddy Ryan, un colosso irlandese emigrato
negli USA. Con questa vittoria il centro d'interesse della boxe mondiale si
spostò definitivamente dall'Inghilterra all'America. Nel 1889 fu disputato l'ultimo incontro senza
guantoni valido per i pesi massimi con il quale Sullivan mantenne il titolo.
Dal successivo incontro del 7 settembre 1892,
Sullivan e Corbett si affrontarono con i guantoni, le regole di Douglas erano
ormai definitivamente accettate. Sull'onda della forte crescita economica
Statunitense il pugilato si diffuse in tutti gli stati dell'Unione, divenne uno
dei principali sport praticati e rappresentava, per le classi più disagiate, un
modo per uscire dalla difficile situazione socio-economica. Nei primi anni del 1900 si fissarono altre categorie di peso e
per limitare la durata degli incontri si stabilì che il numero massimo di
riprese doveva essere: 15 per gli incontri validi per titoli europei e
mondiali, 12 per titoli nazionali. Limitando la durata dell'incontro, si
imponeva la necessità di individuare criteri per la vittoria ai punti, il
problema fu risolto con l'istituzione dei giudici di gara. Nel 1908 si affermò a livello mondiale Jack Johnson, il primo pugile di colore
americano che stupì tutti per la sua boxe intelligente e rapida. Cedette il
titolo nel1915 perdendo
contro il cowboy Jess Willard detto
“il gigante” poiché alto oltre due metri e pesava 110 kg. Il pugilato
diffuso in Italia nei primi anni nel secolo creò la sua federazione
organizzatrice la FPI nel 1916 a San Remo. I padri fondatori furono Goldsmith e
Lomazzi. Nel 1920 ci furono i primi campionati italiani. La sede nazionale
diventò Milano per
trasferirsi a Roma nel 1929.
Il titolo dei pesi massimi passò in mano di Jack Dempsey nell'incontro
disputato a Toledo (USA) nel 1919,
in cui vinse il titolo mondiale contro Jess Willard. Dempsey di fronte a Willard era
di dimensioni irrisorie. Dempsey, vinse grazie alla destrezza acquisita con i
suoi studi ed ai suoi originali metodi di allenamento, dominò la categoria dei
pesi massimi, in un'epoca quindi in cui i combattimenti sul ring erano vinti
più con la forza fisica e con la resistenza che con fini azioni tecniche.
Dempsey utilizzava i principi del falling step e del double shift, due delle
tecniche da lui formalizzate ed applicate “sul ring” con successo,
dimostrandone la straordinaria efficacia. Egli era molto aggressivo, ma sapeva
controllarsi, evitava con destrezza e con una alzata di spalle i colpi per poi
scagliare i suoi pugni in maniera esplosiva, sfruttando in pieno l'intero peso
del suo corpo in movimento. Ogni sua azione era organizzata in improvvise e
devastanti combinazioni di colpi. Nell'ultimo suo incontro del 1926,
in cui subì una discutibile sconfitta, si registrò un'affluenza di pubblico mai
vista e gli incassi superarono ogni record. Dal 1929,
anno della grande crisi economica, fino al 1933 il pugilato perse molto della sua
notorietà ed importanza. Pochi avevano la possibilità di seguire gli incontri e
scommettere sul loro esito come avveniva nei primi anni del secolo. Nel 1933 comparve alla ribalta mondiale
l'Italiano Primo Carnera che rimase campione del mondo solo per
un anno, ma raccolse la simpatia di molti. Carnera era un pugile imponente con
i suoi 120 kg di peso e 2,04 m di altezza, allo stesso tempo velocissimo e con
un'ottima tecnica. Nel 1937 il titolo passò nuovamente a un pugile
di colore, Joe Louis, che strappò il titolo a James Braddock mandandolo ko all'ottava ripresa. Dal
1937 al 1947 ha detenuto la corona mondiale, che ha
difeso vittoriosamente per 25 volte. Si ritira nel 1949,
il suo fisico rovinato dall'alcool e dalla droga non era più in grado di
affrontare altri incontri. Il suo record parla di 63 vittorie e 3 sconfitte.
Nel 1952 Rocky Marciano con le sue impareggiabili doti vinse
il campionato del mondo e inanellò una serie di vittorie impressionante.
Abbandonò la carriera professionistica, imbattuto, nel 1956,
dopo aver vinto 49 incontri, 43 dei quali per knock out. Gli successe il
giovane nero Floyd Patterson, un ex peso mediomassimo che
tenne il titolo fino al 1962 salvo una breve interruzione nel
1959-60. Successe a Patterson un altro nero, Sonny Liston, analfabeta dalla potenza esplosiva,
ex carcerato compromesso da legami con la mafia italoamericana. Misteriose le cause
della sua morte avvenuta nel 1970.
Nel 1964 il titolo fu vinto dal ventiduenne Cassius Clay, già vincitore della medaglia
d'oro all'Olimpiade di
Roma del 1960.
Viene ricordato non solo per le sue versatili doti di pugile ma anche per il
suo impegno politico e per i modi provocatori con cui si rivolgeva agli
avversari. Con Cassius Clay la
popolarità del pugilato diventa planetaria. L'ente organizzatore americano
degli incontri di pugilato la WBC nel 1968 visse una crisi interna dalla quale
nacque un'altra federazione internazionale pugilistica: la WBA. Tale
sovrapposizione di competenze creò confusione nel mondo della boxe perché ogni
associazione organizzava gare per le proprie categorie e di conseguenza
nominava i propri campioni. In seguito la situazione venne ulteriormente
complicata dalla creazione della IBF nel 1984,
e dalla WBO, nel 1988.
Nonostante negli anni passati ciascuna organizzazione adottava proprie
categorie di peso, dal 1987 le categorie professionistiche sono
state fissate a 17, dai pesi paglia fino ai pesi massimi. In Europa l'ente
organizzatore (EBU) è unico. In Italia la federazione che organizza gli
incontri e assegna i titoli italiani è la FPI. Gli anni ottanta e novanta, in
questo sport hanno continuato a mostrare la propria superiorità gli uomini di
colore. Mike Tyson è
stato campione del mondo dei pesi massimi per tre organizzazioni: WBC, WBA e
IBF. Negli anni ottanta avvenne un grande cambiamento nel regolamento del
Pugilato. Si decise di diminuire la durata degli incontri validi per il titolo
da 15 a 12 riprese. Già in passato era accaduto che qualche pugile morisse a
causa dei colpi ricevuti durante l'incontro, ma dopo la tragedia di Duk Koo Kim
la WBC decise, nel 1983, di ridurre a 12 il numero delle riprese. La WBA e la
WBO fecero altrettanto nel 1988. La IBF li seguì nel 1989. Negli anni duemila
si sono particolarmente distinti i due fratelli ucraini Volodymyr e Vitalij Klyčko: in particolare Vitalij detiene
la più alta percentuale di KO di qualsiasi altro peso massimo. Anche se per il
grande pubblico la storia della boxe è stata scritta dalla categoria dei pesi
massimi, sono degni di essere ricordati molti pugili campioni di altre
categorie, tra cui: Sandro Mazzinghi, campione del mondo dei medi
junior; Nino Benvenuti, campione del mondo dei pesi
medi; Henry Armstrong, vincitore di tre titoli
mondiali in altrettante categorie di peso differenti; Mario D'Agatacampione del mondo nei pesi gallo
e Carlos Monzón nei pesi medi. Elenco infinito in
tutte le categorie di peso, Giancarlo Garbelli, Bruno Arcari, Sugar Ray
Leonard, Ray Mancini, Alan Minter, Vito Antuofermo, Marvin Hagler, Roberto
Duran.





Nessun commento:
Posta un commento